Superficie: 488.70 ha.
Origine del nome: tra il V e il VII secolo d.C. nella campagna romana circolavano senza trovare alcuna resistenza le orde barbariche dei Goti, dei Vandali e dei Longobardi i quali, aggredendo i vari centri abitati, arrivarono al punto di provocarne il totale abbandono. In effetti tra l’VIII e il IX secolo i maggiori pericoli non provenivano dall’interno della campagna, dove si svolgevano prevalentemente azioni di brigantaggio a carattere isolato, ma dalle improvvise e sanguinose scorrerie dei soldati saraceni. Poiché mancava un adeguato numero di luoghi fortificati, fu costruita una serie di torrette che, nel momento in cui si avvicinava un vascello pirata, trasmettevano dei segnali luminosi che raggiungevano i principali centri della campagna, dove si svolgevano prevalentemente azioni di brigantaggio. La zona in cui attualmente sorge il quartiere Tor di Quinto era molto ricca di queste fortificazioni ed è ancora possibile vederne alcuni resti. E’ stata proprio una delle torri che rientrava nella serie di vedette innalzate a difesa della riva destra del Tevere a dare successivamente il nome al moderno quartiere. La denominazione della torre dovrebbe derivare dalla distanza di cinque miglia dalla porta Ratumena che si trova nei pressi del Campidoglio. Tuttavia le cifre non sembrano coincidere.
Storia: originariamente la zona Tor di Quinto era solamente luogo di transito per coloro che percorrevano la Cassia o la Flaminia le due grandi vie che conducevano al nord. Il quartiere si è sviluppato progressivamente su un terreno prevalentemente campestre e suburbano e, superando le arterie consolari, si è spinto ben oltre l’antico limite della città. La storia dello sviluppo del quartiere è molto recente. In una ripresa aerea di Roma del 1919 nella zona si potevano scorgere infatti soltanto le antiche fornaci sull’ansa del Tevere, poi il Piazzale di Ponte Milvio e, più distante, il poligono di tiro della Farnesina. Oltre il ponte Milvio si poteva osservare la nascente borgata di Tor di Quinto: siamo nel periodo tra le due guerre, nel momento in cui veniva attuato il piano urbanistico del fascismo. Con la variante generale del piano regolatore del 1942 questa zona venne destinata ad ospitare abitazioni di tipo popolare. Il quartiere è stato edificato in maniera frammentaria e disorganica poiché tutto è stato pensato in scala locale con riferimento alla singola strada, se non addirittura ad ogni singolo palazzo. Le uniche opere sviluppate secondo criteri urbanistici precisi sono corso di Francia e gli allacci alla via Cassia e alla via Flaminia.
Il quartiere, inoltre, inizialmente costituito da nuclei famigliari molto giovani, comincia ad avvertire i segni del tempo con l’invecchiamento della popolazione residente (la presenza di stranieri è superiore rispetto ad altre zone di Roma. Generalmente appartengono o a classi della diplomazia e delle rappresentanze commerciali oppure alle classi povere dei lavoratori e lavoratrici della casa). Altra caratteristica interessante è la presenza di molti istituti religiosi che oggi si trovano ben più dentro alla città rispetto a prima occupando una posizione privilegiata. Con le loro residenze realizzate in tempi passati contribuiscono a salvaguardare il residuo del verde del quartiere. Uno dei maggiori problemi rimane sicuramente il traffico che in determinati orari diventa assolutamente insostenibile.
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