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Il ricordo degli antichi mestieri rimane conservato ed inciso nel nome delle targhe di alcune strade dei rioni storici della città. Basta fare una passeggiata per le piccole stradine ed i vicoli della vecchia Roma, in particolare nella zona di Regola – un tempo centro importante di attività artigianali - ma anche di Parione, S. Eustacchio e Ponte, per trovare le tracce di una città “vissuta”, testimonianza di un periodo in cui vie e piazze assumevano un’identità legata alle peculiarità del luogo, alle famiglie che vi abitavano oppure ai mestieri che vi si svolgevano ogni giorno.
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Artigiani, venditori ambulanti, negozianti e quanti esercitavano un mestiere rispecchiavano il carattere di un territorio che è cambiato con il passare del tempo. Veri e propri protagonisti, a volte anonimi ma non per questo meno significativi, della storia di Roma, gli antichi mestieri hanno il merito di esser stati, e in parte di esser tuttora, gli artefici della vita quotidiana della città nelle sue varie necessità materiali, protagonisti attivi in grado di rendere viva una piazza o una strada con urla di richiamo, slogan caserecci e l’esposizione dei prodotti. |
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L'uomo che quotidianamente aveva il compito di innaffiare orti e giardini. Nel tempo il suo ruolo è cambiato, diventando anche un lavoratore comunale con l'incarico di innaffiare le strade, in primavera ed in estate, per mantenerle pulite e per non far alzare la polvere. Girava per le vie della città con un carretto a due ruote, trainato da un cavallo sul quale era montata una grossa botte di ferro contenente acqua da spargere. Vicina alla figura dell'Annaffiatore, il Giardiniere, che aveva come mansione quella di coltivare e custodire i giardini pubblici e privati. |
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L'uomo che preparava e vendeva le bibite. Di solito aveva un piccolo chiosco ma poteva anche essere un ambulante. La bibita più diffusa era l'orzata insieme a quella di cocco (nella quale non era mai noto quanto cocco ci fosse realmente), alla bibita all'amarena (ottenuta con un estratto rosso intenso fatto in casa), e alla spremuta di limone; la bibita più cara era quella di tamarindo. Rinfrescante e frizzante per eccellenza era la bevanda di citrato e cremire (di solito di marca Brioschi) utilizzata per rimettere in sesto lo stomaco dopo solenni "bevute". |
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L'uomo che produceva e vendeva la birra. A Roma quella storica era la Peroni, distribuita già dal 1920 con un carro trainato da due colossali e splendidi cavalli. |
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Di giorno, nella sua bottega, preparava e vendeva caffè (bevanda) e principalmente acquavite. Di notte si trasformava in un venditore ambulante e andava in giro a vendere caffè caldo. Il suo grido era: "Caffè, per un soldo!" |
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CALZOLAIO (detto anche CALZOLARO) |
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Veniva chiamato con questo nome sia l'artigiano che fabbricava le scarpe sia il negoziante che le vendeva. Nei tempi antichi venivano utilizzati vari tipi di calzature: pianelle, zoccoli, mule, stivali, burzacchini, che era possibile acquistare presso il calzolaio. Ma il cliente doveva sempre fare attenzione perché "calzolari e ciavattini ingannan molte volte con la robba che ti danno, perché son buoni da venderti un montone per un vitello, o darti per una scarpa nuova una ciavatta rinnovata.
Oltre ai calzolai fissi, che in campagna stavano nei casali e nelle osterie, c'erano quelli ambulanti, che giravano di casale in casale portando con sé un pezzo di suola, una scatola con gli attrezzi ed una sediola caricata sulla spalla.
La Confraternita dei Calzolai sorse a Roma nell'anno 1549 con i Ss Crispino e Crispignano come protettori e S. Dadalo martire come comprotettore. I calzolai lavoranti e garzoni costituirono nel 1557 la confraternita del Ss Sacramento e del SS Aniano e Nicolò. |
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CIABATTINO (detto anche CIAVATTINO) |
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L'uomo che, ambulante o con una piccola bottega, riparava scarpe usate e ciabatte. Il mestiere del ciabattino è sempre stato dipendente dagli alti e bassi congiunturali: paradossalmente i tempi magri per i ciabattini sono sempre stati quelli di benessere generale della società, quando cioè la gente possedeva sufficiente denaro per comprare un nuovo paio di scarpe e, di conseguenza, piuttosto che farle riparare, gettava via le scarpe rotte. Alcuni anni fa questo mestiere sembrava destinato a scomparire ma così non è stato: attualmente, infatti, ha ripreso in pieno la sua attività e la sua funzione.
Da una ricostruzione si apprende che: "per la estemporanea riparazione delle scarpe vi era una casta di ciabattini, in giro per la città con a tracolla un pezzo di cuoio conciato, da cui ritagliavano le suole e i tacchi allorché, trovato il lavoro, lo eseguivano in quattro e quattr'otto, seduti sulla soglia di casa, martellanti, a tutto spiano su certi chiodi piuttosto da maniscalco che da ciabattino". |
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FABBRO (detto anche MAGNANO) |
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Se era "ferraio", o "ferraro", principalmente lavorava il ferro. Veniva chiamato anche fabbro ramaio; stagnaio; d'argento e simili, a seconda se lavorava il rame, lo stagno o l'argento. Per poter fare questo mestiere era necessario saper temprare il ferro, saldare, lavorare per amalgamarlo, farlo dolce, farlo duro, lustrarlo e incavarlo.
Ecco una descrizione dell'attività e delle caratteristiche del fabbro ferraro (Tomaso Garzoni (1589): "magnani sono quelli che s'affaticano quasi di soverchio, maneggiando pesi gravi, e stando alla faccia del fuoco della fucina assiduamente ritti per non poter altramente mellificare la durezza del ferro, se non col mezzo di ben scaldarlo e ben bollirlo (.) mettendo il ferro nel cuor del fuoco." |
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Era un artigiano, artefice e qualche volta artista, che lavorava il legno. La Confraternita dell'arte dei Falegnami sorse a Roma nel 1540 e fu dedicata a S. Giuseppe, il protettore non soltanto dei falegnami, ma anche di tutte le arti aggregate, connesse con la lavorazione ed il commercio del legno. |
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Colui che si preoccupava di soddisfare le necessità curative prescritte dal medico all'ammalato. Fino a quando l'industria delle confezioni mediche preparate in fabbrica non prese il sopravvento, il farmacista stesso si dedicava alla preparazione dei medicinali, in un laboratorio attiguo al locale di vendita della farmacia: con un mortaio, un pestello ed una bilancetta di precisione preparava cartine di polvere da inghiottire a mò di pillole, racchiuse in ostie inumidite nell'acqua.
Ma la farmacia non era soltanto un luogo curativo; le farmacie dei secoli scorsi, valide da un punto di vista artistico, somigliavano ad accoglienti salotti profumati gradevolmente da droghe. Erano frequentate, oltre che dai malati e dai loro familiari che richiedevano le medicine, da medici e letterati i quali, sorbendo lentamente un bicchierino di qualche liquore rinomato, preparato dalle abili mani dei frati farmacisti, conversavano su argomenti di scienza, di letteratura, o più semplicemente, dei fatti del giorno. In alcuni casi quindi, tale luogo raccoglieva, allo stesso tempo, il pettegolezzo della strada, del rione, del paese, ma anche l'esame critico della vita comunale e nazionale e dei suoi personaggi e protagonisti. |
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Specialmente d'estate, era considerato il bar della gente modesta, qualche volta povera, e dei ragazzi; era gestito da un uomo o una donna (la grattacheccara). La bottega era costituita da un piccolo chiosco sul marciapiede, di solito all'angolo di una strada o di una piazza. Date le dimensioni del chioschetto, aveva la possibilità di lavorare una sola persona alla volta. I clienti sostavano tutti all'esterno e facevano la fila per acquistare prevalentemente la "storica" grattachecca, che il venditore otteneva grattando una colonna di ghiaccio (quadrata, di circa un metro di lunghezza e venti centimetri per lato, con due incavi ai due lati estremi per poter essere manovrata da chi la trasportava), fornita dall'unica ghiacciaia romana Peroni a tutti i locali della città, attraverso il trasporto di carri trainati da due grossi, pesanti e maestosi cavalli dal manto biondo.
D'inverno, non potendo vendere le grattachecche dato il freddo, il grattacheccaro si "trasformava" in peracottaro ambulante. |
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IMBIANCHINO (detto anche BIANCHEGGIATORE ed IMBIANCATORE) |
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Era l'operaio che con il pennello, con il gesso e con la vernice passava il bianco, ma anche tinte fantasia al muro delle camere. Gli imbianchini erano talvolta così bravi da trasformarsi in artisti decoratori, capaci di dipingere motivi floreali e scene di natura, con putti ed angeli. Nelle case dei signori venivano abbelliti archi di porte, soffitti e mura secondo la moda del tempo. |
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MARMISTA (detto anche MARMORARO) |
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L'uomo che lavorava il marmo ed apparteneva all'Università dei Marmatori, alla quale appartenevano anche: abbozzatori, lapicidari, scalpellini, scultori, ortanisti, tagliapietre, squadratori e statutari. |
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L'uomo che lavorava i metalli di ogni genere. Li fondeva, rifondeva, li affinava, li temprava con acciaio, otteneva bronzo ed ottone e creava leghe. Era metallaro anche chi vendeva nelle botteghe i metalli da lavorare e gli oggetti di metallo. |
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Operaio e verniciatore. In tempi antichi, a Roma, si chiamava così sia l'artista, cioè colui che praticava l'arte della pittura, quanto l'artigiano che pitturava e metteva a nuovo muri ed infissi. Per distinguerlo dal decoratore o dall'artista vero e proprio il "pittore da cavalletto", l'artigiano veniva definito come l'uomo "non da cavalletto". |
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Artigiano specializzato che confezionava i vestiti per uomo. Era un mestiere molto diffuso poiché gli abiti degli uomini provenivano unicamente dal lavoro dalle loro mani. Dapprima la realizzazione degli abiti avveniva interamente a mano, ad opera della cucitura dei sarti; in un secondo momento essi beneficiarono dell'ausilio della macchina da cucire; non esistevano abiti fatti in serie. La gente apprezzava molto quei sarti che prendevano le misure della persona con uno sguardo solo, mentre si temevano quelli che sparavano il prezzo solo all'ultimo, tanto che bisognava cambiare sarto ad ogni vestito nuovo. Le autorità erano molto rigorose nei riguardi del loro lavoro: se il capo di vestiario era chiaramente mal riuscito ed il cliente reclamava ai consoli dell'arte, il sarto doveva rimborsare il costo della stoffa, oltre a pagare una multa salata. |
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STURACESSI (detto anche POZZATO e VUOTAPOZZI) |
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Questo mestiere, che esisteva fin dal secolo XVII, era molto ricercato perché gli impianti igienici dell'epoca presentavano molti problemi strutturali. La maggior parte era costruita da scarichi in pozzi neri. |
Alla realizzazione di questa rubrica ha collaborato: Francesca D’Ercole.
Riferimenti bibliografici: Mario La Stella, Antichi mestieri di Roma, Newton & Compton Editori, Ariccia (Roma) 2006.
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Il primo portale specialistico per il settore del vino... |
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Vini nazionali ed esteri, Champagne, Distillati, Ricercatezze alimentari. |
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Per nottambuli, amanti della buona cucina e del divertimento... |
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Gio, 05.09.2013
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